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martedì 5 novembre 2019

“Guerra e pace” delle mafie

Il “Gattopardo” delle mafie in America. Dei siciliani, degli irlandesi - dei cattolici. Tratto dalla vita romanzata di Frank Sheeran, “I heard you paint houses” (tradotto “L’irlandese. Ho ucciso Jimmy Hoffa”), scritta da Charles Brandt. Sulla vita in realtà di Jimmy Hoffa, il grande sindacalista gangster degli autotrasportatori, la categoria centrale dell’Afl-Cio, la centrale sindacale americana, nel dopoguerra, finito nel nulla nel 1974. Ma eretto a epos, seppure monotematico: la violenza. Che è costante, invadente, crudele. Raccontata da un ironico De Niro, l’irlandese “Frank”, alle sue ultime giornate. Per tre lunghe ore e mezza, che passano come un soffio. 
La trama di Scorsese fa dimenticare che è il racconto di un killer – Frank è uno che “dipinge case”, un killer professionale. Un racconto anche freddo. Di figure marginali. Che però sa erigere a personaggi eponimi, seppure del male: figure concresciute su se stesse, che non sanno essere altro, senza evoluzione né redenzione, senza nemmeno coscienza del male,  destini irrevocabili
Un epos negativo, di morte. Dei siciliani, nel canone de “Il padrino”. Ma anche degli irlandesi, amici per la pelle che si fanno la pelle. Che Scorsese fa rivivere nobilmente, grazie alle impersonificazioni di De Niro, Joe Pesci, sparring partner nella prima parte, l’aggiustatore delle mafie, e Al Pacino, Jimmy Hoffa, che gigioneggia nella seconda parte. 
C’è solo violenza in certe culture, inavvertita per quanto bestiale. Scorsese non si sottrae al cliché, dell’italiano, del meridionale, del cattolico, ma come affascinato. Più un “Guerra e pace” forse, di un pacifista che per millecinquecento pagine parla di guerre.
Singolare il ringiovanimento e l’invecchiamento dei tre co-protagonisti, con tecniche digitali invece che con sovraccarichi di trucco. Si ha la sensazione che siano persone vere, anche perché spesso agite in figura intera, quindi anche più o meno agili, e non mascheroni.
Martin Scorsese, The Irishman

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