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lunedì 4 gennaio 2021

La santità come gioia

Un’agiografia, ma umana. Di personaggi in carne: persone – donne giovani - come tanti, senza lagne né giaculatorie. Fatte interloquire con naturalezza da un’ottima sceneggiatura – a parte il farsesco del Tribunale vaticano – e dal casting, tutte facce azzeccate.
Chiara, maestra a Trento, a fine 1943 sotto i bombardamenti decide di dedicarsi alla Vergine e a Cristo, per un impegno di fratellanza e di reciproco rispetto, pur continuando la sua vita normale, di maestra, animatrice di un gruppo di amiche. La sua “casa dell’Amore” è subito attiva a Trento, per affamati, orfani, vedovi. Una psicologia franca, diretta, aiutando – Cristiana Capotondi ne è interprete quasi naturale, espressivamente: un viso che ride.
Questa semplicità poco si confà alla chiesa, gerarchica. E alla stessa psicologia dei beneficiari, che solo riconoscono l’autorità. Ha quindi creato più di una contestazione, già subito, alla fine della guerra. Ma il movimento prospera ugualmente.
Campiotti ha scelto la via semplice – dell’agiografia appunto. Poteva appesantire la storia con gli equivoci, le  minacce, i ricatti, eccetera. Come anche le regole della suspense vorrebbero. Ha scelto la via piana, della semplicità e la gioia, e ne ha ricavato un ottimo film: veritiero oltre che riposante.
Ottimo anche il contesto: i bombardamenti (i bombardamenti... quando se ne farà la storia, anche solo la cronistoria?), la fame, i tedesshi nemici in città, i convivi all’aperto alla Liberazione.
Giacomo Campiotti, Chiara Lubitch, Rai 1

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