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venerdì 5 aprile 2024

La Russia è di Putin

Due anni di guerra, con spreco enorme di materiali, e molti morti (50 mila, 500 mila?)  non hanno mandato la Russia nel caos o alla fame.
L’informazione sulla Russia è viziata dalle “notizie di guerra”, in questo conflitto invadenti, giorno dopo giorno, commissionate alle migliori firme di formazione dell’opinione. Ma la Russia resta salda, anche politicamente. La morte di Navalny, l’oppositore principale di Putin, ha precipitato un movimento popolare di critica implicita a Putin, con le manifestazioni di protesta e il lutto esteso. Che però, nel momento di maggiore impegno, si è mostrato per quello che è: un movimento ristretto, urbano, professionale
Il regime di Putin, venticinquennale, è quello che è. Assimilabile a quello di Erdogan in Turchia: oppositori silenziati o eliminati, critici arrestati, giornali e siti chiusi, molto attivismo nazionalista, dai elettorali truccati – ma non del tutto, il sostegno è sicuramente maggioritario. Putin è emerso dal nulla a fine Novecento come l’uomo delle forze dell’ordine, contro le mafie. Come Erdogan contro le intromettenze militari. Ma con più determinazione, o compattezza.
La Russia non soffre Putin. Non è pronta a un regime politico di democrazia piena, di libertà. Come la Turchia, come l’Iran: paesi di molta storia e grandi culture ma politicamente poco articolati. E con una sindrome plurigenerazionale di accerchiamento.
L’accostamento a Turchia e Iran è utile anche per capire il senso diffuso di accerchiamento anche in un paese come la Russia, da sempre aperto verso l’esterno. Degli ex sudditi ora armati dalla Nato per Mosca, come dei curdi e degli sciiti (Siria, Iran) per la Turchia, degli Stati Uniti e del mondo sunnita per l’Iran.

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