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martedì 11 giugno 2013

Moravia co(mi)nformista

“Il volto dell’Unione Sovietica è l’austero, grigio, grave volto dell’umanità operaia”. È un complimento. Ma svagato, come tutto, grigio in proprio. L’effetto di uno dei tanti viaggi “organizzati”, come usava, tutti uguali. Con la solita scrittura delle quattro verità: un po’ di sociologia, un po’ d’economia, un po’ di politica, e un po’ di escatologia. Moravia vi aggiunge la notoria abulia al suo picco. Dei russi, oltre al grigiore operaio, solo ci dice che il cuore, solitamente “insondabile e complicato”, essi hanno “insondabile”. Leningrado limita alla cameretta di Dostoevskij, seppure in dettaglio. Mosca al mausoleo di Lenin e Stalin.
Locupletata di un sontuoso apparato storico-critico di molte pagine, tanto più questa riedizione stringe il cuore. La sorpresa è solo Beria sciupafemmine – questa è sfuggita a Malaparte. Ma finisce in tre righe. La curiosità è: perché Moravia vi si è assoggettato, nel 1957, l’anno dopo il ferale 1956? Anzi: perché peggiora il già malfatato genere? Il viaggio nell’Urss è stato un genere molto frequentato senza produrre niente che si ricordi - a parte Robert Byron di striscio, Malaparte pure, e forse Alvaro (Céline e Gide ne fecero l’occasione di una denuncia politica, ma a essa niente sopravvive nemmeno dei loro viaggi). Moravia accomuna Majakovsky e Fadeev nel suicidio (specifichiamo: Fadeev, suicida alla destalinizzazione, è il nulla che sostituì Gor’kij all’Unione scrittori, per andare ai congressi della pace e acclamato dire: “Se gli sciacalli imparassero a scrivere a macchina e le iene a usare le biro scriverebbero le stesse cose di Henry Miller, Eliot, Malraux e i vari Sartre”.). i scrittori, suicida alla destalinizzazione). Parlare dell’Asia come terra incognita. Albergatrice di religioni rozze e violente. O dell’ortodossia come una religione di servi. dell’asservimento. Moravia co(mi)nformista?

Alberto Moravia, Un mese in Urss, Bompiani, pp. LXVI + 125 € 9,50

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