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giovedì 27 novembre 2014

Dalemiani d’assalto alle Finanze

Gli alti papaveri del Mef, il ministero del’Economia e Finanze, confidano a Federico Fubini e Roberto Mania il loro “disagio”. Profondo disagio, tanto che sono tentati dalle dimissioni. Che però non danno. A parte, uno, Lorenzo Codogno, capo dell’ufficio studi, che non conta (quasi) niente – dava anche cifre sballate. I promessi dimissionati devono compiere una missione? Sì.
Uno dei doloristi, Vieri Ceriani, è consigliere del ministro Padoan per il fisco. Era anche il consigliere di Visco quindici anni fa, artefice dell’Irap, la tassa che ha affossato gli investimenti industriali e moltiplicato la delocalizzazione. Mugugna anche Fabrizia Lapecorella, “vicina a Ceriani”, e a D’Alema, capo della sezione Finanze dell’Economia, la quale non vuole fare i decreti attuativi della riforma fiscale – tra quattro mesi la riforma sarà così decaduta  Anche Padoan è nel governo solo in quanto rappresentante di D’Alema, e questo completa il quadro.
In un altro paese i due si sarebbero dimessi o sarebbero stati cacciati. Ceriani anche in carcere, per tutti i danni che ha prodotto. In Italia no, non si può: due burocrati fanno saltare la riforma del fisco su lavoro e  investimenti per far saltare il governo, perché così dice il loro capopartito.
Della riforma della Pubblica Amministrazione Renzi ha dimenticato la prima mossa: cacciare i “tecnici” politicanti. Quelli che non dicono cosa bisognerebbe fare meglio, ma boicottano, ritardano, rinviano, e si confidano, sperando in un futuro migliore. Alla Goldman Sachs, oppure al Senato. Perché non è detto che Renzi riuscirà ad abolirlo.

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