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martedì 25 novembre 2014

Lucia porcella

La resurrezione c’è, ma della carne. Lucia è una contadina prosperosa e un po’ scorretta: va a letto con chi le piace, e le piace. Con un dotato fra Cristoforo in particolare, e con i nobili quando capitano, don Rodrigo e l’Innominato compresi - qui nominato, Bernardino Visconti. Con mamma Agnese mezzana. Anche don Abbondio non se le lascia passare, e la Perpetua ha di che risvegliare le voglie. Renzo no. Alla fine ci prova, con una che lo fa di mestiere, soprannominata Schiscianus, schiaccianoci, e si scopre omosessuale.
Un divertimento. La sceneggiatura di un film che Chiara complottava nel 1971 con Marco Vicario, il regista di “Homo eroticus”,  e poi non si fece. Chiara, che soleva mettere gli amici al corrente di quanto andava scrivendo, di questo suo Manzoni disse che voleva “restituirlo” alla sua “vera” natura, di spirito inquieto, milanese, “dialettale” anzi, prima che si sacrificasse alla carriera, e a un’incerta conversione - “forzata” la dice Ferruccio Parazzoli che era degli amici e ha curato la pubblicazione vent’anni fa. Il Manzoni “reale”? Ma allora è il suo “problema”, forzarsi a qualcosa, il toscano, la fede, a cui niente e nessuno lo obbligava.
Non c’è niente del Manzoni in realtà, solo lo sberleffo – quello che Chiara rifà, forse a sua insaputa, da autodidatta, è Guido da Verona, che questa parodia aveva già scritto quasi alla lettera quarant’anni prima. Ma una Lombardia in carne sì, aretinesca sotto le mani giunte..
Piero Chiara, I promessi sposi

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