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lunedì 23 novembre 2015

Germania-Italia- 6-1

Ricorda Riccardo Perissich, ex Istituto Affari Internazionali, ex direttore generale a Bruxelles, membro del gruppo Notre Europe del socialista Delors, a Sergio Romano sul “Corriere della sera” la figura di Helmut Schmidt, il cancelliere tedesco morto l’altra settimana. Un antitaliano diventato poi italianizzante. Legandolo a due altri grandi cancellieri socialisti, Willy Brandt e Gerhard Schröder. E ai tre grandi cancellieri cristiano-democratici, Angela Merkel, Helmut Kohl e Konrad Adenauer. Chiudendo con questo interrogativo: “Mi domando cosa ci sia nella politica tedesca che permette una simile produzione di giganti”.
Il raffronto sottinteso è non con la Francia o gli Usa, o la Gran Bretagna, nemmeno con la Spagna, che tutti hanno avuto nel dopoguerra governanti d’eccezione, ma con l’Italia. Che può schierare De Gasperi, e poco altro – Fanfani? Moro? Andreotti? Forse Craxi, ma è discusso. Romano Prodi qualche anno fa riduceva a due soli eventi la grande politica italiana nella Repubblica, l’entrata nella Nato e la fondazione della Comunità Europea. Nient’altro.
La differenza con la Germania non è evidentemente di personalità - Andreotti guarderebbe dall’alto in basso Kohl, e Merkel, e non stimava Schmidt, che pure lo aveva salvato con un prestito. La differenza, enorme, la fa la costituzione. La Germania usciva come l’Italia da un regime dittatoriale e anzi totalitario. Ma non ha per questo punito la funzione di governo. Il cancellierato ha invece voluto forte, inabissabile se non con elezioni. E un Parlamento omogeneo, protetto dai partiti totalitari, il comunista e il neonazista, con lo sbarramento al 5 per  cento. Una cattiva costituzione, malgrado la retorica, ha invece voluto in Italia un governo inesistente, e un Parlamento ingovernabile, tra gruppi, gruppetti, scissioni, transfughi. La democrazia risolvendo nell’inevitabile mercato delle vacche, buona per la corruzione. 

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