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martedì 24 novembre 2015

Quando il nazionalismo tedesco era ebraico

Benjamin o dell’impossibilità (grandezza?) di essere tedesco. Walter Benjamin, tedesco perseguitato dalla Germania in quanto ebreo e forse suicida, antologizzò fino all’ultimo lettere di “uomini tedeschi”, piangeva d’ammirazione. Fino al 1931 le pubblicava sulla “Frankfurter Allgemeiane Zeitung”, il grande gionale tedesco, nel 1936 le pubblicò in volume, in Svizerra, con lo pseudonimo Detlef Holz. Senza un accenno critico. Volle il frontespizio del volume anzi celebratorio, e tutto alto: “L’onore senza gloria/ la grandezza senza splendore/ la dignità senza ricompensa”. Il “Dramma barocco” qualche anno prima avrebbe voluto tirolare “Essenza del Gioco e della Tristezza in Germania”. Qui celebra una ventina di grandi personalità, delle lettere e non (c’è anche Liebig, dei dadi per il brodo).  Irritante più che commovente – Goethe o Hölderlin non hanno bisogno di aureole: una delle tante celebrazioni ebraiche dei primati tedeschi.
Walter Benjamin, Uomini tedeschi, Einaudi, pp. XXVII + 186 € 18
Adelphi, pp. 166 € 9

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