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domenica 3 gennaio 2016

Palestinesi tra Giordania e dispersione

La guerra senza fine di Israele ha ora un altro disegno: logorare la resistenza palestinese, che via via riduce a terrorismo. La popolazione destinando alla dispersione.
I palestinesi sono isolati più che mai nel mondo arabo-islamico, esso stesso in guerra su più fronti al suo interno. E sono militarmente indietro a mezzo secolo fa, quando i primi nuclei di resistenza armata si formavano attorno all’Organizzazione per la liberazione della Palestina, con azioni terroristiche, isolate e dimostrative. Più deboli anche demograficamente e socialmente: ne nascono di meno, e l’emergenza profughi nei campi si è attenuata, con l’emigrazione più o meno stabile nei paesi arabi e fuori. Le comunità stabilizzate sono divise tra l’agglomerato informe di Gaza e una Cisgiordania puntiglista, sminuzzata tra colonie ebraiche. La presenza a Gerusalemme va rapidamente evaporando.
Anche le soluzioni di oggi sono quelle di ieri, emigrazione o Giordania. Con una differenza: la Giordania, la cui popolazione (6,5 milioni) è per oltre la metà palestinese, ha un trattato di pace con Israele da ormai vent’anni. Quindici anni fa, uno dei primi atti del re Abdallah, appena succeduto a re Hussein, fu la chiusura dell’ufficio “estero” di Hamas a Amman, centro di raccolta fondi e armamenti. Su richiesta israeliana e americana, e dell’Olp concorrente.

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