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giovedì 7 gennaio 2016

Via dal Nord

Checco scopre il vivere civile al circolo polare artico. Finché Al Bano che si riconcilia con Romina a Sanremo non lo libera dalla fascinazione vichinga. L’avventura non finisce qui, altre tracce legano le gag, ma questa s’impone: dovendo muoversi-per-mantenere-il-posto-fisso, il paradosso sui cui il film si svolge, Checco ritroverà se stesso in Calabria, attivo, produttivo, e perfino intelligente, e meglio ancora in Africa.
Un film scorretto. Non conformista, come i precedenti – i film comici italiani, che sono numerosissimi, si distinguono per essere corretti. Ma non volgare, a parte un paio di menate, come i precedenti: una sceneggiatura lo regge, e una serie di personaggi comprimari. Un film che non pone problemi, in realtà – è fatto apposta. Se non la domanda: perché tanto straordinario successo, 50 milioni in una settimana? Probabilmente per la voglia di liberazione dall’impronta boreale.
Si spiegherebbe pure l’insistenza su tweet e eiaculazioni antinordiche ultimamente dello storyteller Renzi - dei suoi consigliori per l’immagine.
Gennaro Nunziante, Quo vado?

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