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lunedì 11 luglio 2016

La “Repubblica” del mingrino

Non si può parlare male dei giornali, che non hanno buona salute. Ma di “Repubblica” si può, perché no, che si vuole partito. Di che non si sa, ma non c’è motivo per dolersene. Oppure sì, è il giornale del consumismo d’élite, si sa che i giornali devono caratterizzarsi, offrire un target alla pubblicità - dopo essere stato il giornale del compromesso storico, poi dei Democratici di Bettini e Veltroni, poi delle semplici professoresse. Ma non è questo il problema.
Il problema è di un giornale diretto dall’editore. E che giornale, un giornale-partito, il giornale del partito Democratico. Tanto democratico che l’editore, De Benedetti, dopo essersi impadronito delle quote di Scalfari, lo ha licenziato. Ha licenziato un direttore come Scalfari. Sostituendolo con uomini suoi. Il prologo dice già tutto, ma non è tutto.
L’editore De Benedetti, a suo tempo tessera n. 1 del Pd, vuole ora licenziare Renzi. E lo mette in guardia: “O…O” Ne ha diritto. Tanto più che lo esercita non sul suo giornale, ma sul “Corriere della sera”. Ma non ha buoni precedenti, lui stesso lo dice.
Questo è il suo quarto intervento scritto, ammonisce: “Il primo lo scrissi sulla riunificazione tedesca: previdi che la Germania l’avrebbe fatta pagare agli altri europei, con l’austerity. Il secondo alla vigilia della guerra in Iraq, presagendo il disastro. Il terzo dopo la vittoria apparente degli americani, che in realtà apriva la strada al collasso del Medio Oriente e al terrorismo”. Il governo è finito.

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