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giovedì 12 aprile 2018

Il borghese Cicerone contro il populista Cesare

Il  secondo volume della trilogia ciceroniana, avviata con “Imperium” e conclusa con “Dictator”. Sui cinque anni dal consolato di Cicerone – “Lustrum” è il titolo originale. Di gestione degli affari ordinari della Repubblica romana, che il populista avventuroso Cesare insidia, con Pompeo. Per finire ritrovarlo già “stanco della fuga e della vita”, come già Plutarco ne aveva chiuso la “Vita”.
La narrazione è basata sempre sulla “biografia” di Cicerone a opera di Tirone, il suo segretario, opera scomparsa se mai esistette – e sulla “biografia” di Tirone stesso, un po’ documentata e un po’ presunta. Ma anche questo secondo volume del trittico, benché avvocatesco (Catilina, etc.) e poco avventuroso, si conferma di ottima divulgazione storica. Che oggi, nell’improvviso silenzio della Storia, scorre come rivelazione.
Oggi come ai primi tempi dell’impero, successivi all’assassinio di Cicerone? Harris quasi lo presente, in questo più che negli altri due volumi. Cicerone, homo novus, fuori dal patriziato, per di più provinciale, è il borghese moderno: ragionativo, produttivo, in lotta contro i demagoghi, i ricchi e potenti che agitano le masse. I populisti. Cesare, suo alleato-nemico, è il populista per eccellenza, anche perché abile tattico, oltre che spregiudicato. È il primo tratto di questo “Lustrum-Conspirata”, e memorabile, in poche righe. Di Cesare si espone e spiega il dato più evidente, e trascurato: il tribuno a votazione tirannica che si serve, contro le istituzioni, del popolo.bestia. In una città di cui fomenta la divisione “fra patrizi e populisti”. “Grazie a Cesare”, fa dire persuasivamente a Lucullo, che era un generale, non va dimenticato, “una guerra cvile un giorno o l’altro ci sarà comunque”. Uno che si fa eleggere Pontefice Massimo a soli trentasei anni, pagando il voto delle tribù venti milioni, non suoi, probabilmente di Crasso, è la verità vera di Cesare. Che poi sposerà la figlia tredicenne al cinquantenne Pompeo, altro uomo forte.
È la scoperta più avvincente di Harris: aver scritto dieci anni fa una trilogia sul populismo. Non da indovino, da scienziato politico, con una spessa capacità critica – di certo superiore, molto, alla cautela (opportunismo? trasformismo?) degli studiosi di professione oggi. Dare le terre ai poveri, come Cesare e i suoi propongono, perché no. Ma, può obiettare Cicerone, “quello che vogliono è il cibo, non le fattorie”. Quanto a lui, un opportunista, abile. La Repubblica si dissolveva per consunzione.
La scrittura è scorrevole ma di spessore, Harris non rinuncia a farsi sentire come autore. Fino a emulare il gusto sapienziale latino – “La misericordia più grande che ci ha concesso la provvidenza divina è la nostra ignoranza del futuro”, e altrettali.

Robert Harris, Conspirata, Oscar, pp. 442 € 12,50

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