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giovedì 27 marzo 2014

Che vogliamo dalla Russia

Putin non è simpatico, ma non è di questo che si tratta. È stato marcato subito, appena è emerso come l’anti-Eltsin, il dissolutore della Russia. Da una politica di antipatizzazione (la vecchia disinformacija di cui Mosca era maestra) che, vecchia ormai di vent’anni, a ogni giro costringe Putin a imprevedibili, rischiose, “uscite dall’angolo”.
La politica internazionale come un ring è purtroppo nelle corde americane. Kissinger è stato un’eccezione, tutta la politica Usa del dopoguerra è di scontro, confrontation. Ma neppure questo crierio regge nei confronti della Russia.
Mosca, si suppone, è un problema perché ha un arsenale missilistico intercontinentale nucleare. Ma, se questo è il problema, perché non indurre Mosca al decommissioning e al disarmo? Invece di costringere Putin a impiegare preziose risorse per lucidare gli arsenali. A lume di ragione converrebbe perfino finanziare il disarmo russo – che ha un costo, forse più elevato che il mantenimento dell’arsenale. Dunque, non è questo il motivo.C’è evidenza invece in abbondanza che la guerra di disinformazione, che non ha alcun fine plausibile, ha comunque l’effetto di strizzare l’Europa. Tenendo l’obbligatorio vicinato con la Russia in continua tensione.
La crisi ucraina non è la prima con  la Russia di Putin. È l’ultima di una serie. Che tutte hanno avuto un solo effetto, scaricarsi sull’Unione Europea. Senza indebolire Putin, e anzi rafforzandolo. La liquidazione dell’Urss e la nascita della “Fortezza Europa”, concomitanti, è come se avessero reindirizzato la solidarietà atlantica nel senso di una partnership ineguale, non dichiarata ma perseguita con costanza. 

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