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sabato 29 marzo 2014

La tenerezza nell’abbandono

Forse il libro più sentito, anche se non personale, di Gary, di cui Parigi celebra il centenario. Un ebreo lituano che si è voluto francese, aviatore, eroe della Resistenza Legion d’honneur, diplomatico. Nonché sposo di Jean Seberg, l’attrice di Preminger (“Santa Giovanna”, “Buongiorno, tristezza”) icona della nouvelle vague, protagonista del jet set, morta suicida dopo una campagna diffamatoria dell’Fbi che ne logorò i nervi. Poi suicida anche lui. Per la stessa ragione per cui aveva vissuto, la vitalità – il declino della vitalità.
Scrittore proteiforne, utilizzò anche più nomi. Uno di questi, Émile Ajar (“gari” e “ajar” significano in russo “brucia” e “brace”), che fece rappresentare fisicamente a un lontano cugino, Paul Paulovitch, utilizzò per quattro romanzi, tra cui questo che gli valse un secondo premio Goncourt all’uscita nel 1975 – dopo un primo ottenuto come Gary nel 1956 per “Le radici nel cielo”. Per “L’uomo con la colomba”, “allegoria satirica”, si firmò Fosco Sinibaldi, un mezzo anagramma di Garibaldi.
Qui fa il romanzo brioso di Belleville, il XXmo arrondissement di Parigi, oggi integrato nell’off-off, e università di architettura, allora sobborgo putrido di immigrati senza arte e sans papiers. Alcuni di questi, i bambini delle prostitute, ex prostitute tengono in asilo, per evitare loro l’assistenza sociale. Momo (Mohammed) e Madame Rosa sono l’uno e l’altra. Lui arabo senza padre, o con più di uno, lei ebrea, deportata e tutto. Questa è la loro storia, fino a che morti non li separa.
Detta così, è una storia strappalacrime, che neanche il neo realismo aveva saputo immaginare. Gary ne fa un racconto scoppiettante, col ritmo pìcaro, di cui non si salta una virgola, di una tenerezza interminabile. Un mondo chiuso, di reietti, che Gary scrive come di getto, a ogni rigo sorprendente (“vero”) senza punte sociologiche e concettosità.
Romain Gary, La vita davanti a sé, Neri Pozza, pp. 214, ril. € 9,90

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