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giovedì 30 ottobre 2014

Montalbano meriterebbe un’inchiesta

Veramente la raccolta esordisce con un Montalbano accusato di decrepitudine, nel solito alterco della coppia misogina Salvo-Livia. Altri errori sono sparsi qua e là, un paio in ogni racconto. Una compilazione, dunque, affrettata. Di camilleriano c’è l’ordine: capitoli brevi, di 18 mila battute ciascuno (dieci pagine del computer di Camilleri, ognuna di 1.800 battute). Solo in numero di 4 invece che di 18. In totale otto gialli brevi, di 40 pagine del computer di Camilleri. E la capacità affabulatoria, che questi sketches hanno il merito di mettere in risalto.
Il racconto dal titolo più bello, rimato, anagrammato, scelto per la raccolta, è il più confuso e inverosimile. È stanca pure la lingua di Camilleri, il suo personale dialetto, tirata via – non “risuona”. Anche la moltiplicazione del commissario, che a lungo Camilleri ha minacciato apertamente di voler uccidere, meriterebbe un’inchiesta.
Dalla parte del lettore c’è Camilleri. L’esumatore felice della novellistica. Fuori dalle righe come sempre. Sull’amore. Sulla donna. Il sesso, anche estremo, rimettendo al centro – ne soffre pure la mafia – e l’ingegno. Sulla gioventù. Sulle mafie stesse - un dato di fatto, una situazione sociale. Sulla Sicilia, di cui l’occupazione principale fa la donna. Di un racconto mette al centro una milanese emigrata a Vigata. Per fare la barista. Mimando sardonico la migliore scrittura ambrosiana, la più aperta: “’Na biunna splapita e tanticchia caprigna, ‘nsignificanti, l’occhi cilestri senza ‘spressioni come a quelli di ‘na pupa”.
Riecco la novella, crudele
L’approssimazione della raccolta mette in risalto il novellismo di Camilleri – il segreto del suo successo di lettura. Affabulatore senza complessi e senza remore, anche nei “romanzi” di Montalbano. Negli altri romanzi no, che sono fuori della vena novellistica. Nel ciclo di Montalbano è invece reinventore felice della novella, che fu il meglio della narrativa italiana: grassa, furba, “evidente”.
Storie di appetiti per lo più, di avidità (di sesso, denaro, potere), e delle difese a basso costo. Per le quali si è costruito un ambiente, Vigata, consentaneo, urbano e primitivo insieme - diversamente dall’altro grande novellatore agrigentino, Pirandello, che si è costretto invece nelle maglie asfittiche della piccola borghesia urbana, finendo per converso per idealizzare (manierare, anchilosare) in forma di primitivismo quasi folklorico il mondo rurale e agreste. Solo politicamente corretta, e perciò compassionevole, al contrario della novella classica. Ma quella di Camilleri è una compassione epidermica, anche opportunistica. Nella sua novella solo il gioco degli opposti conta, le vittime sono compiante ma pezzo inerte della storia. D.H.Lawrence, traducendo il Lasca, notò che la novella italiana è crudele, e così è - ma il bene “s’arricampa”, direbbe Camilleri. Dell’amore  tratteggia il tratto animale. Individualistico anche e antisociale, anticompassionevole – ben prima dei femminicidi. Da misogino forse ma indifferente, come il vero affabulatore si vuole, testimone sorridente e irridente. 
Andrea Camilleri, Morte in mare aperto, e altre indagini del giovane Montalbano, Sellerio, pp. 317 € 14

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