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mercoledì 8 luglio 2015

Le indulgenze e la riforma al Campidoglio

Il clima è rovente ma assolutorio attorno al sindaco Marino a Roma. Il clima nel Pd, il partito del sindaco. Gli organi di controllo sono del Pd, e propendono per una consacrazione del sindaco. “Passerò la notte tranquillo”, ha potuto dire Marino ieri, “siamo in mano dei migliori servitori dello Stato, Gbrielli e Pignatone”.
Il Procuratore Capo Pignatone si è espresso per primo: non c’è la mafia al comune con Marino. Anche se gli ultimi arresti sono stanti numerosi e importanti. Mentre il prefetto di Roma Gabrielli è prudente. Il dossier dei commissari sulle pratiche amministrative dice che il Comune va commissariato, e allora lui non dice no, si rimette al governo, domani o dopodomani.
Il Pd di Renzi all’improvviso è indulgente con se steso. Effetto forse ritardato del periodo di grazia nell’opinione di cui ha goduto dopo le elezioni europee. Ma sono un paio di mesi ormai che a Roma è al livello minimo, tra iscritti e simpatizzanti, sotto quello di guardia. Benché sostenuto da una stampa romana ferocemente di partito. Il rottamatore abbaia ma non morde? Più probabile è che sia l’effetto bizzarramente euforizzante delle indulgenze, anche in versione auto-
C’è allora da attendersi la riforma dall’esterno, anche al Campidoglio come già a San Pietro? Tutte le indicazioni concorrono in questo senso. E per la cattiva, cattivissima, amministrazione più che per gli scandali. I giornalisti non lo dicono e forse non lo sanno, ma Marino ha imposto ai residenti del Centro storico, che a Roma sono una città, una tassa di € 1.200 per cinque anni, invece che di € 55. E a tutti gli altri, artigiani, professionisti, distributori e altri utenti diurni della Ztl una tassa annua di € 2.000, invece di 600. In cambio di niente. Ha anche reso impossibile la differenziata – per certe consegne andrebbero fatti chilometri. E ha raddoppiato l’Irpef, ora i romano pagano più dei milanesi.

Forse Marino non lo sa. Come non  sa che i mezzi pubblici non passano mai, anche dopo un’ota. Ma questo non lo esime.    

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