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venerdì 10 luglio 2015

Un assaggio di castità per Sibilla, la divorante

Un altro letterato-editore, dopo René de Ceccaty, si esercita narrativamente su Sibilla Aleramo, la divorante, di uomini e di donne. Mancando l’essenziale, che forse ne avrebbe fatto un soggetto romanzesco: la volagerie e il carrierismo. Troppi amori istantanei con personaggi incongrui, Papini, Evola, lo stesso Campana, il più famoso di tutti, e subito dopo dimenticati. Insieme a tanti giovani e giovanissimi presi e lasciati, che invece lasciavano il segno. Giulio Parise è uno di questi.
È la storia di Sibilla con Parise che Caltabellota esuma, che la stessa Aleramo aveva celebrato a caldo, appena un anno dopo la breve relazione, in “Amo, dunque sono”, l’ennesimo selfie ornato di svenevolezze pensierose. Parise, vicentino, era una sorta di gigolò allumeur: si esibiva ma non faceva l’amore. “strano personaggio”, lo dice René de Ceccaty, altro scrittore-editore ammaliato dalla Sibilla, “gigolò mistico che rifiuta qualsiasi contatto carnale con lei”. Un caso di voyeurismo, di orgasmo del pensiero. Amico e discepolo di Evola, era l’amante casto dell’amante di Evola, la marchesa Livia Piccardi. Una donnina tutta pepe a sua volta molto allumeuse – ci provò anche con Sibilla, volteggiandole attorno nuda eccetera. Poi le affiderà il suo “amante” Giulio, proponendone uno strip-tease per saggiarne le qualità. Ma lo spogliarello viene interrotto prima di cominciare da Sibilla, che si è già innamorata delle qualità intellettuali del giovane.
Una storiaccia, nemmeno salace, da romanzo francese Fine Secolo, il vero brodo di cultura di Aleramo. Caltabellota la usa per ricostituire l’ambiente romano primi anni 1920 attorno a Evola, con personaggi, circoli, giornali ora dimenticati ma allora nelle cronache. Un filone esoterico che fu molto robusto, ma è sempre trascurato nelle storie, culturali e politiche.        
Simone Caltabellota, Un amore degli anni Venti, Ponte alle Grazie, pp. 248 € 15

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