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mercoledì 20 gennaio 2016

La Bibbia di Brecht

Le prime operine teatrali di Brecht, a sedici anni “La Bibbia”, e tre-quattro anni più tardi “L’oratorio”, qui ripescate, hanno forma aperta, che è il vero Brecht, per esempio del “Galileo”. Non quello apodittico e quasi propagandistico dell’impegno politico: incerto invece, plurale per programma, e anche ambiguo. Un altro dal santino che gli è stato e si è cucito addosso nella Repubblica Democratica Tedesca e ancora si pratica.
“La Bibbia” Brecht pubblicò a gennaio del 1914 su “Die Ernte”, il giornaletto ciclostilato del liceo Sant’Anna di Augusta che curava insieme con Julius Binden, i cui sei numeri praticamente riempì da solo. “L’oratorio” è di incerta datazione, Brecht non ne fa nota nelle carte, ma si presume dell’estate 1917. Brecht lo propose a  Kroder, altro allievo del Sant’Anna, nel 1919, e a Kroder disse di averlo composto dopo aver ascoltato il “Palestrina” di Hans Pfitzner a Monaco, dove l’opera fu rappresentata il 12 giugno 1917, come grande evento musicale.
“L’oratorio” è quello che Brecht disse a Kroder, come Kroder lo ricorda: “Una trasfigurazione”. Laica, nelle parole di un comune amico ai due, Hanns Otto Münsterer: “La proscrizione del genio poetico e il suo annientamento in Dio”. Un “amato Dio”-non-Dio. Anch’esso in crisi di identità. Lo stesso peraltro del primissimo componimento, “La Bibbia”, in cui mette in crisi tutto ciò che ha insegnato e imposto: la virtù, l’onestà, il rispetto di sé e della vita. Un padre e fratello timorati di Dio in difesa della propria fede sacrificano la figlia-sorella alle brame del conquistatore, senza peraltro salvarsi.
Un Brecht di cultura biblica, ma blasfemo, sia pure biblicamente – o si può dire all’inverso: tratta Dio come un talmudista, a tu per tu, e dunque non lo bestemmia. Una chicca. Con foto suggestive d’epoca,  e una serie di note golose di Vincenzo Maria Perrino, studioso e autore di teatro - biografiche, ai testi, e agli “scenari biblici nel giovane Brecht”. Che peraltro ebbe la Bibbia sempre presente, anche da grande, anche nella produzione “epica” in chiave marxista, dell’impegno politico. A un intervistatore nel 1928, ai trent’anni già autore di successo, ricorda Perrino, che gli chiedeva delle sue letture, rispose: “Lei riderà, la Bibbia”. E successivamente ci ritorna, sempre nella ricostruzione di Perrino, nel saggio “Sulla poesia non rimata con ritmi irregolari”, nell’adattamento de “La madre” di Gor’kij, nel “Galileo”, nel dramma didattico “La linea di condotta”. In una col linguaggio espressionista, che è già nel soggetto e nella scena del primissimo componimento, questa “Bibbia”.
Un retaggio familiare – materno - e non una fede: la Bibbia è già qui “giusta e fredda”. Ma una proposta di linguaggio che resterà fertile, sempre viva, nel senso dell’irresolutezza, della complessità. L’annotazione dal “Diario” che Perrino estrae in data 4 settembre 1920 si può dire una cifra stilistica: “Certe parole della Bibbia sono indistruttibili. Esse vanno da parte a parte. Si pongono come brividi sotto pelle, che passano lungo la schiena, come nell’amore”.
Bertolt Brecht, La Bibbia, Via del Vento, pp. 33 € 4

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