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sabato 10 settembre 2016

L’amore triofa a New York made in Italy

La felicità del racconto. In tutte le chiavi: horror, porno, criminale, pìcaro, avventuroso, sociale, e naturalmente sentimentale. Di Fulvio le possiede tutte, pur iscrivendosi in quest’aultima. Con gusto, con misura. Quella del feueilleton, genere ingrato in italiano, che Di Flvio padroneggia – Dumas l’avrebbe invidiato: un racconto breve s’innesta sul precedente, in una sorta di caleidoscopio sempre vivo e in tema, racconti brevi, il lettore non sfugge, è incatenato, viene l’abiezione dopo il romantico, il comico dopo il drammatico, attraente, divertente. Con un po’ di Frank Sinatra, protetto dalla mafia, un po’ di Leone, “C’era una volta l’America”, un po’ “Il silenzio degli innocenti”, e il Bernstein di “West  Side Story” in Fred Astaire dal vivo, mentre la radio esplodeva, e Hollywood provava il sonoro. In parallelo con “Martin Eden”, l’amore tragico dei morti di fame, e “Zanna bianca”. Ma non sono citazioni, non è un romanzo postmoderno: Di Fulvio si spìnge fino a scopiazzare, ma fa tutto roba sua, che alla lettura trascina.
Perfino l’ambientazione “globale”, di maniera, che le scuole di scrittura impongono si vivifica: New York è credibile. Lo storione è del sogno americano che si critica, che in realtà trionfa. Anche la New York intessuta di mafie è anni luce dal tutto amfia che ci opprime – non ci sono giudici per fortuna e solo qualche poliziotto sbandato. Molto più che “una storia d’amore e di gangster” come lì’auore la sintetizza - “ci sono i gangster e c’è l’amore”, può congratuarsi l’impresario che porterà la storia in teatro, ma ci sono moltissime altre cose. .
Luca di Fulvio, La gang dei sogni, Oscar, pp.573 € 11,50

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