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venerdì 19 ottobre 2012

La crisi che la Germania vuole

Non c’è, non c’è stato, non ci sarà un intervento anticrisi dell’Unione Europea – se non per le iniziative autonome, benché contrastate, della Bce. Non prima e non dopo le elezioni tedesche. C’è un uso della crisi per modificare l’Ue e le sue regole. Da confederazione lenta quale è oggi in federazione. E in una federazione asimmetrica, tedesca. Non con una costituzione o norme statutarie uguali per tutti, ma in dipendenza dalla politica e le leggi tedesche.
Non c’è vertice europeo che non lo confermi – l’ultimo la scorsa notte. Non c’è mai stato, nella crisi europea ormai lunga di quattro anni, un  intervento risolutore, quale era possibile. Ma solo un disegno, contorto però inflessibile, di portare la Ue a un altro assetto grazie alla crisi.
Immaginare un governo tedesco “schiacciato sulle birrerie” è folklore. O credere a una Merkel in bambola degli illustri economisti alla Monti, dell’aneddotica che si fa cucire addosso. Angela Merkel e i suoi consiglieri Weidmann, Weber, Stark, hanno un progetto e intendono imporlo. Lo spread è esploso da quando le banche tedesche hanno venduto in poche ore otto miliardi di Btp. Che non sono molti, meno dell’1 per cento del debito in essere, ma venduti tutti insieme hanno fatto valanga. Non provocata da inesperti.
Ciò che la Germania vuole e ciò che non vuole, essendo in grado di imporlo, è peraltro chiaro. I fondi di salvataggio europei, Efsm e Esm, sono soggetti al veto tedesco. L’uso di questi fondi è condizionato da regole recessive sui recipienti. Non ci sarà vigilanza bancaria europea, non subito e non in un tempo prevedibile, perché la Germania non vuole assoggettarle le sue Landesbanken, le finanziarie regionali che sono il polmone del sottogoverno e piene di buchi. Non ci sarà un “bilancio europeo”, non si tratta di questo: ciò di cui si sta trattando è un potere di veto tedesco. La Germania non vuole gli eurobond non perché si assumerebbe il debito di altri paesi ma perché essi libererebbero gli altri paesi da tassi iugulatori: gli eurobond spunterebbero tassi alla pari con le obbligazioni americane o giapponesi, e forse migliori. 

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