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martedì 16 ottobre 2012

L’amore è scomparso con la libertà

L’amore è “una delle indigenze dei nostri giorni”. Nei quali “non trova posto , accoglienza, nella mente, nonostante sia nell’anima del soggetto”. In questa specie di libertà che tutto annulla, il pieno e il vuoto: viviamo “il lato negativo della libertà”, e “la vita nella negazione è quella che si vive nell’assenza dell’amore”, scambiando le passioni per complessi. Un testo del 1982, quindi anteriore alla liberazione che ci attanaglia, e allora profetico. Certo, Zambrano non poteva prevedere che il Nobel andasse nel 2012 a uno “scienziato” che cinquant’anni prima aveva formulato l’algoritmo del matrimonio riuscito, ma ci vedeva chiaro, sapeva in che mondo di false realtà viveva - aveva questo dono, fin da quando profetizzò giovanissima nella guerra l’“agonia dell’Europa” cui ora assistiamo, non la guerra di Hitler, quella dell’atonia. Qui con la punta acuminata, di cui nessun segno si trascurerebbe. Come e perché si arriva alla negazione del divino. E conseguentemente  dell’amore. Per la razionalità a basso voltaggio che è tutta la nostra antropologia, “il credere che tutta la realtà, vita umana compresa, sia composta di fatti sottomessi a cause che chiamiamo ragioni, ritornando così al senso iniziale della «ratio» latina: dar conto”. Una ragioneria che “include dentro sé i fatti dell’amore,…svuotato nella sua essenza che tutto trascende”. Perché “l’amore trascende sempre, è l’agente di ogni trascendenza”. E “se non ci fosse inganno, non ci sarebbe trascendenza”.
È Platone, e di più. Un saggio breve, questi “Due frammenti sull’amore” (cui è aggiunta “Per una storia della pietà”, saggio del 1949), che si vorrebbe trascrivere a mo’ di critica parola per parola, non recando una parola di troppo, o una che non si debba condividere.
Maria Zambrano, Frammenti sull’amore, Mimesis, pp. 42 € 3,90

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