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sabato 19 aprile 2014

I sovietici erano buoni, e anche cattolici

Un tale cumulo di castronerie, di un liberale poi e non di un comunista, sembra impossibile da accumulare sull’Unione Sovetica nel 1955-1956, ma Carlo Levi c’è riuscito, e senza resipiscenze – molti intellettuali venivano invitati e trattati di lusso nell’Urss, ma di pochi si raccoglievano le impressioni in volume, e questo è uno dei pochi, più volte perfino ristampato.
Le impressioni di viaggio dell’ottobre-novembre 1955 escono quando i drammi del 1956 si sono tutti svolti all’Est, ma Levi li riduce a “notizie”. Lui è sempre sotto l’impressione di suites principesche, buffet da sogno, accudito da premurose governanti, affollatissime serate letterarie, incontri ravvicinati coi migliori scrittori del momento, a Mosca e a Leningrado, e il privilegio di saltare la fila per l’omaggio d’obbligo al mausoleo di Lenin. Di altro c’è poco. Giusto la teoria che la rivoluzione sovietica è contadina e ne mantiene i tratti. Anzi è cattolica: “Si potrebbe dire per un certo aspetto … una rivoluzione cattolica”. In quanto uomini e donne “hanno la virtù, la vita morale e, per averla, si sono fatti poveri in spirito”. Uomini e donne sono notevoli anche per “l’assoluta mancanza, volontaria e quasi ostentata, di ogni eroticità, sostituita con evidenza da altre volontà, da altri ideali”.
I sovietici sono gli ultimi “custodi  dei sentimenti e dei costumi dell’Europa”. Per “quella semplicità, quell’ingenuità, quell’onestà, quella pulizia morale, quella timidezza, quella volontà di bene: quell’insieme di ideali che raccolgono i miti del progresso, l’ottimismo ella ragione, il positivismo, la fede nella scienza, l gusto per l’arte verista e eteroclita, fiduciosa accostatrice di tutte le possibili tradizioni, di tute le epoche e di tutti i luoghi, la passione per le grandi idee internazionali, la passione per il potere dell’uomo sulla natura e sul mondo, la tecnica, la scoperta, la bontà, la virtù”. Gli elenchi delle virtù sono numerosi e tutti sterminati. .         Si vuole bene a Carlo Levi che ha amato il Sud, pur essendo molto torinese, anche se lo ha capito poco, ma questo sembra un monumento all’idiozia: la bontà ha dei limiti.
Carlo Levi, Il futuro ha un cuore antico

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