Cerca nel blog

mercoledì 30 maggio 2018

Il fulgore di Avati

La trama – il destino – è nel titolo: Dony santa. Ma il film è un altro, il racconto della scelta di una ragazza volitiva e di successo, di rinunciare a tutto, anche alla scuola, alla danza, e alla scrittura cui intende dedicarsi, per la compagnia di un ragazzo che l’ha innamorata, con uno sguardo incrociato a caso, ora che è avviato alla paralisi, muscolare e mentale.
Non un capriccio, il racconto è simbolico della potenza dell’amore. Circostanziato attraverso le ambientazioni e le reazioni ordinarie, dei genitori, che arrivano fino a una denuncia per circuizione di minorenne, del perito del tribunale, degli insegnanti e i compagni di scuola, delle compagne e la maestra di danza. Un racconto straordinariamente delicato e giusto. La ragazza, Greta Zuccheri Montanari, sta nel ruolo come se fosse la sua vita personale. Lo stesso i comprimari.
Una storia strordinariamente “precisa”, contemporanea – non tardo Ottocento-primo Novecento, di quelle cui Avati ci ha abituati. Opera di un regista-sceneggiatore ottantenne, di straordinaria sensibilità. “Questa la sfida del film, rendere vera, credibile, azzardare addirittura che diventi condivisibile la scelta di Dony”, Avati la spiega così: “Una scelta probabilmente anacronistica, contro tutto e tutti, in un presente che pare premiare solo l’egoismo”. E invece no, il presente ama le sfide impossibili. L’amore in uno sguardo è solo possibile in questo quadro. Che Avati stesso, chi altri, delinea: di una ragazza che è pesce pilota della sua classe, e con la stessa semplicità (facilità) e risolutezza decide altro. Anche di collaborare con lo psichiatra che il tribunale ha incaricato di valutarla. 
Un film che per vari aspetti avrebbe sfondato in sala, e invece è stato limitato a Rai 1 – certo non per mancanza di un distributore, le produzioni Rai ne trovano sempre. Il cinema al cinema va a finire, sarà durato giusto un secolo?
Pupi Avati, Il fulgore di Dony

Nessun commento: